Di cosa sono fatti i sogni? Qual è la materia che li costituisce e perché coinvolgono così tanto la vita dell’uomo? Nel sogno – e tutti sognamo, coscienti o incoscienti di ciò - qualcosa succede: anche il meno fantasioso di noi si trasforma in un inventore di paradossi, di vicende assurde, a volte siamo eroi, alcune volte ci troviamo in situazioni fortemente desiderabili, altre volte sprofondiamo nel terrore… I sogni non seguono le leggi della logica che regolano i nostri pensieri da svegli: le categorie dello spazio e del tempo sono trascurate in barba al piano reale che, di fatto, non ha più alcun potere!

Con l’addormentamento si giunge ad un’altra forma di esistenza, quella onirica, che tra l’altro impegna buona parte del nostro tempo cronologico: su 24 ore, quelle che trascorriamo in stato di “incoscienza” sono spesso uguali o superiori ad un terzo. Non è poco. Il mondo vissuto ad “occhi chiusi”, insomma, ci impegna considerevolmente e rappresenta un ambito talmente importante che, lo riconoscono anche le recenti ricerche, senza di questo si danneggia irrimediabilmente la qualità della vita e, nei casi estremi, la vita stessa: la vita ha bisogno di riposare, di penetrare il regno del sonno per ritornare con nuova linfa e vitalità.

Lungo la conferenza, si è investigato l’ingresso nel “mondo onirico” anche attraverso tutta una serie di lontane ed arcaiche mitologie. La storia delle origini del mondo, la mitologia, intende il buio come dominio di due deità: da una parte “Sonno”, detto anche Ipno, e dall’altra la sua compagna, “Notte” costruttori, entrambi, di tutto quello che avviene nei cunicoli del “senza luce”. Ipno era il gemello di Tanathos, la morte. Entrambi venivano considerati i reggitori del passaggio in dimensioni diverse, è certo, ma dominate dalla medesima legge, quella dell’intangibile… e dei paradossi! I poeti rappresentavano Ipno come un giovane dal capo alato che reggeva una fiaccola spenta e rovesciata in una mano ed un corno pieno di sonnifero nell’altra; si racconta che dormisse dentro un’oscura caverna posta accanto al fiume Oblio… Ipno era, tra gli altri, padre di  Morfeo, il Dio dei Sogni, quello stesso dio al quale ci raccomandiamo quando ci si addormenta affinché le sue braccia ci afferrino saldamente… Morfeo era rappresentato con grandi ali che lo portavano rapidamente da una parte all’altra della terra senza fare alcun rumore. Il suo era un regno di silenzio. Era lui il creatore delle “forme” oniriche. Il suo stesso nome, “Morfeo”, significa “Forma”. Queste giungevano all’addormentato sfiorando un mazzo di papaveri sulle sue palpebre. Spesso era accompagnato da una cerchia di folletti che rappresentavano le illusioni.

Sono miti. Per alcuni, semplici invenzioni narrative. Eppure, abbiamo bisogno proprio di rifarci ad una accorta indagine svolta nel secolo precedente su queste narrazioni per tracciare il filo che seguiremo questa sera nel tentativo di investigare i sogni. Quanto prodotto nella terra del sonno ha una grande somiglianza con il mondo dei miti, come se fossero stati “scritti” con lo stesso linguaggio. E’ un linguaggio simbolico che non ha creato l’uomo, un linguaggio con la sua grammatica e la sua sintassi, essenziale da cogliere se si vuole codificare il senso dell’uomo stesso. Ma la sua è una “lingua straniera”… Da dove viene? Chi ce l’ha insegnata, semmai qualcuno l’avesse fatto?

Il simbolo è qualcosa che sta al posto di un’altra. Nel linguaggio simbolico, le esperienze interiori vengono espresse come se fossero accadute “fuori”; dunque, nel simbolo il mondo esterno sta al posto di quello interno. Non si sbaglia se si parla di “simboli universali”: un simbolo universale è quello in cui esiste una relazione intrinseca tra l’immagine e ciò che rappresenta. Esso è radicato nell’esperienza di ogni essere umano.

Il sogno mette le sue radici sulla dimensione astratta dell’esistenza: Freud per primo ritenne che i sogni sono sempre espressione della parte irrazionale della nostra personalità. Egli partiva dal presupposto che ognuno di noi possiede impulsi, sentimenti e desideri che motivano le nostre azioni, pur senza rendercene conto. Definì questi impulsi “inconscio”. Non solo non siamo consapevoli del contenuto dell’inconscio ma pare esistere qualcosa che impedisce di far luce su di essi, una sorta di “censore” che sbarra la strada, la contraffà, ne difende l’accesso. I sogni sono l’altra parte del comportamento che Freud intende espressamente come espressione degli impulsi dell’inconscio, essi esprimono idee e sentimenti repressi che durante il sonno prendono vita probabilmente per una più ridotta azione censiva. I sogni si realizzano proprio quando il nostro controllo cosciente è attenuato. Tuttavia, anche durante il sonno questo censore morale è in noi, magari semiaddormentato, ma ugualmente non permette ai pensieri inconsci di apparire chiaramente… e allora si camuffano! Il conscio non comprende il linguaggio dell’inconscio come l’inconscio non comprende quello del conscio. Per Freud il linguaggio simbolico adoperato dai sogni è dunque concepito come un “codice segreto” fatto di significati personali, non universali… la maschera che copre il simbolo è valida per sé stessa e non riconduce a nessun valore universalmente valido.

Senza voler tradire questi concetti, ma forse con l’intento di ampliarne gli orizzonti, furono le ricerche dei discepoli di Freud a far progredire la conoscenza del mondo onirico. Carl Gustav Jung soprattutto fu un attento investigatore del mondo onirico oltre che un ricercatore con pochi confronti. Accrescendo le sue ricerche personali, progredendo nello studio di miti, leggende, simbolismi e religioni, Jung giunse al concetto sul quale basa la sua psicologia analitica: l’idea che, oltre ad un inconscio di tipo personale, deve esistere un altro grande contenitore di immagini e simboli che trascende l’individuo e lo collega alle sorti dell’intera umanità. Questo concetto affascinante alimentò l’idea dell’esistenza di un “inconscio collettivo” concepito come un bagaglio di risorse e potenzialità alquanto ignote, carico dell’esperienza dell’umanità intera, della storia di tutte le generazioni che ci hanno preceduto. Come una sorta di Dna spirituale oltre che psichico, dall’inconscio collettivo emerge quel linguaggio universale che predispone il significato dei simboli. Simboli che intende ogni uomo, al di là della educazione, della cultura e dell’istruzione personale in quanto appartenenti al fondo dei tempi… e alla dimensione futura.

Da cosa è composto questo immenso ispiratore di fiabe, leggende, miti e fantasie oniriche? Soprattutto da immagini. E qui dobbiamo, ancora una volta, prendere a prestito un concetto junghiano, quello di “Imagos”: secondo questo insegnamento, il nostro mondo psichico viene “animato” da tutta una serie di figure che poco hanno da compartire con il piano reale. Sono figure, essenze psichiche, che si arricchiscono di significati mai oggettivi ma adattati come un guanto alla persona che li concepisce. Le imagos sono archetipi, idee mentali che si confrontano con la nostra realtà interiore e fungono da ponte tra questa e il nostro ambiente affettivo. Convivono nel piano simbolico perché, di fatto, sono la rappresentazione di qualcosa che ispira e motiva, che interpreta la nostra stessa esistenza. Le imagos sono universali massimamente: sono figure che veicolano affetti, emozioni, simboli.

Il sogno, ogni sogno, trasporta in piani “illusori” della realtà: dobbiamo immaginare livelli qualitativamente diversi nei quali trame ed immagini si manifestano a noi. Più questi si appesantiscono di paure, dubbi, sofferenze, dolori, incomprensioni, più i nostri sogni ci conducono in piani bassi della coscienza onirica. Poi ci sono sogni che, li riconosciamo, sembra acquistino altri colori, altri linguaggi. Trascendono l’inconscio personale del quale parlava Freud e ci conducono a grandi passi verso le ricchezze e il fascino dell’inconscio collettivo, di un piano esperenziale che sta in alto e che ispira, motiva, rafforza e illumina le nostre giornate. Non sempre sono coscienti, ma quante volte ci si sarà svegliati ingiustificatamente arrabbiati o appesantiti, stanchi o demotivati? E quante altre volte avrete provato sensazioni contrarie, senza sapere il perché, che di fatto vi hanno alleggerito la giornata?

Vivere le immagini dei sogni, dunque, potrebbe trasformarsi in uno strumento di lavoro interiore e di conoscenza di sé: da questo piano muovono numerose attività, squisitamente umane, che hanno come comune denominatore l’alimentarsi di immagini, di archetipi, di stranezze, di astrattezze… l’arte, la poesia, la pittura, la scultura, il teatro, la musica sono fatti della medesima materia dei sogni: sono potenti strumenti che trasformano le immagini interiori in oggetti esterni, in rappresentazioni cromatiche o corporee che incarnano altro. La storia, la nostra storia passata, è piena di “sogni incarnati”… pensiamo all’opera dei grandi artisti di un tempo o alla liberazione che ci regala assistere ad un’opera teatrale ricca di contenuti o quella che ci potrebbe dare il partecipare, da attore, ad una qualsiasi messa in scena…

Sapere leggere i sogni nella loro qualità emotiva, simbolica, significa avere molto materiale in più per conoscersi. Significa scoprire risorse, capacità, vocazioni, tendenze. Potrebbe anche significare intuizione, nella misura in cui l’immagine captata in sogno veicola idee e valori che vanno in alto e che nascono dall’alto… Spesso sono immagini grandiose, maestose, che ci ricordano quanto di grande possiamo fare, e non sempre e solo per noi: un sogno alto coinvolge tanti, forse l’umanità intera.