Cena a tema. Alla ricerca della saggezza dei nativi d'america...

 

 

Sembrava proprio di essere là, tra sterminate praterie dove la corsa dei bisonti e il volo dell’aquila segnavano i presagi e i segni nella vita dei nativi d’America. Acchiappasogni, archi, pelli conciate, fuoco da campo e il saluto accogliente “Hau cola”, ciao amico, rendevano la sede di Nuova Acropoli un accogliente avamposto indiano nel pieno centro di Catania. Volti dipinti, penne sul capo, vestiti in tema facevano dei soci una simpatica rivisitazione della cultura dei pellerossa.

Il 28 giugno si è svolta la cena indiana presso la nuova sede di Nuova Acropoli a Catania. Come le dita di una mano che lavorano in sinergia, i soci sono riusciti a ricreare l’atmosfera che si respirava in un villaggio indiano, attraverso un lavoro di ricerca che li ha impegnati per qualche settimana.

Il lavoro di ricostruzione è stato incentrato principalmente sulla realizzazione di ricerche riguardanti la cultura degli indiani sotto molteplici aspetti: la vita sociale, le figure preminenti della tribù, il ruolo delle donne, l’educazione dei bambini, l’etica e il significato della guerra e della caccia, il rapporto con il divino, la simbologia dell’equivalente zodiaco indiano, oggetti sacri, virtù del guerriero, abitazioni e cucina.

La cena si è svolta alternando la degustazione dei cibi tipici, caratterizzati da un ampio utilizzo di spezie, a momenti di animazione in cui si è letto degli estratti significativi del modo di pensare degli indiani.

Il momento culminante della serata è stata la messa in scena di uno spettacolo incentrato sulla lettera del capo indiano Seattle al presidente degli Stati Uniti, in risposta alla richiesta di quest’ultimo di comprare la loro terra e di confinarli in una riserva. E’ forse questo il documento più significativo in cui la cultura dei nativi d’America si contrappone a quella del conquistatore bianco, cercando di spingerlo alla riflessione sul suo rapporto con il mondo e con la terra.

E’ quasi un testamento, gli indiani infatti presentendo il futuro con un estremo tentativo, cercano di far fare un passo indietro all’uomo bianco convincendolo dell’importanza di coltivare un rapporto armonioso con la Terra. “Tutte le cose sono collegate” è il messaggio della lettera che si conclude con un accorato appello “Il destino è per noi un mistero, perché noi non sappiamo quando i bisonti saranno tutti massacrati, i cavalli dominati, gli angoli segreti della foresta appesantiti con l’odore di molti uomini e la vista delle colline opulenti deturpate dai cavi. Dov’è il boschetto? Sparito. Dov’è l’aquila? Sparita. La fine della Vita è l’inizio della Sopravvivenza.”

Queste parole, scritte più di un secolo e mezzo fa, sono quanto mai attuali e ci fanno comprendere come ancora l’uomo occidentale non sia stato capace di effettuare un’inversione di rotta, ristabilendo il legame antico e vivificante con la Terra, madre e generatrice di tutte le cose.

Il fattore più significativo emerso dalla ricerca è stato la grande articolazione della cultura dei nativi d’America che, ben lungi dall’essere semplicemente dei nomadi, basavano la loro vita su schemi concettuali e credenze le cui origini affondano nel cuore della storia dell’uomo, risalendo a tempi in cui il ritmo vitale e il senso della vita erano strettamente legati all’Universo e al cuore vivo e pulsante della Terra.