Perché i nomi Ortigia e Siracusa?

 

Ortigia viene dal greco “quaglia”, e comunque pare che fosse abbastanza diffuso in Grecia, anche se non proprio a Corinto, quindi fu probabilmente dato prima dell’avvento di Archia, perché la città aveva già contatti commerciali con Greci, Fenici ed altri.<?xml:namespace prefix = o ns = "urn:schemas-microsoft-com:office:office" />

 

Nell’Eneide, Virgilio descrive così Ortigia:

 

“Giace della Sicania al golfo avanti <?xml:namespace prefix = o ns = "urn:schemas-microsoft-com:office:office" />

un’isoletta che a Plemmirio ondoso

è posta incontro, e dagli antichi è detta

per nome Ortigia. A quest’isola è fama,

che per vie sotto il mare il greco Alfeo

vien, da Doride intatto, infin d’Arcadia

per bocca d’Aretusa a mescolarsi

con l’onde di Sicilia. E qui del loco

venerammo i gran numi; indi varcammo

del paludoso Eloro i campi opimi”.

 

Siracusa viene quasi sicuramente da “Syraco”, la palude nei pressi dei Pantanelli. Qualcuno lo ritiene un etimo fenicio, che vorrebbe dire “roccia dei gabbiani”.<?xml:namespace prefix = o ns = "urn:schemas-microsoft-com:office:office" />

 

Bacchilide, poeta esponente della lirica corale si trova a Siracusa e scrive:

 

“Cantami, Clio che doni

dolcezze, la regina di Sicilia

fruttuosa, Démetra e Kore con le viole,

e le cavalle di Ierone, a Olimpia rapide.

 

Ché, con l’eccelsa Nice

d’Aglaia, lungo l’Alfeo vorticoso

si scagliarono, e là corone meritarono

di gloria al figlio fortunato di Dinomenide.

 

Alla città di Siracusa vuole bene ancora

Apollo chiomadoro,

e Ierone, statista giusto, onora”.

 

Sul Castello Eurialo di Dionigi I, Diodoro Siculo racconta:

 

"In appena 20 giorni venne innalzato un tratto di trenta stadi, circa <?xml:namespace prefix = st1 ns = "urn:schemas-microsoft-com:office:smarttags" />4500 metri e furono impiegati 60.000 braccianti e 6000 paia di buoi. Dionisio ed i suoi collaboratori non solo esercitavano un attento controllo, ma partecipavano ai lavori”. Il perno del mastodontico sistema difensivo era la fortezza che si stende su circa 15000 m2, il Castello Eurialo appunto, unico e straordinario esempio di architettura militare greca tutt’ora ammirabile.

 

L’oracolo di Delfi dice ad Archia:

 

Un’isola, Ortigia, giace sull’Oceano nebbioso<?xml:namespace prefix = o ns = "urn:schemas-microsoft-com:office:office" />

Di contro a Trinacria dove la bocca di Alfeo

Gorgoglia mescolandosi con le fonti della vasta Aretusa

 

 

E, seguendo l’oracolo, Archia parte a fondare la più ricca delle città, Siracusa.<?xml:namespace prefix = o ns = "urn:schemas-microsoft-com:office:office" />

 

Il mito di Aretusa racconta:

 

Aretusa, figlia di Nereo e Doride, una delle nereidi, ninfa di Diana, per sottrarsi all’amore non corrisposto di Alfeo, figlio di Oceano, che la inseguiva nei monti del Peloponneso, fuggì in Sicilia, dove fu mutata in fonte da Diana. Zeus, commosso, mutò Alfeo in fiume permettendogli così, scorrendo sottoterra, di raggiungere Aretusa e congiungersi con lei.<?xml:namespace prefix = o ns = "urn:schemas-microsoft-com:office:office" />

 

Ovidio nelle Metamorfosi

Io ero una delle ninfe achee, e nessuna meglio di me pose le reti e amò le selve. Una volta ritornavo stanca dal bosco di Stinfalo. Era molto caldo e la stanchezza mi faceva sentire doppiamente la calura. Trovai un piccolo fiume e mi avvicinai: prima mi bagnai le piante dei piedi, poi entrai nel fiume e mi tuffai nelle acque. Mentre nuotavo sentii un sussurro.Spaventata raggiunsi la vicina sponda. “Dove corri Aretusa?” gridò Alfeo dal profondo del fiume. “Dove corri?”, ripetè con voce roca. Io cominciai a fuggire. Alfeo mi inseguì. Correvo come le colombe con le ali palpitanti sogliono fuggire l’avvoltoio: egli mi inseguiva crudelmente come lo sparviero suole incalzare le trepidanti colombe. Riuscii a correre fino all’Orcomeno, a Psofide, a Cilene, alle valli del Menalo, al gelido Erimanto, nell’Elide, e Alfeo non era più veloce di me. Ma io, impari di forze, non potevo continuare a correre più a lungo; egli, al contrario, sopportava la lunga fatica. Infine, affaticata, estenuata, esclamai: “Sono presa. Aiutami, o Artemide!” Si commosse la dea; prese una delle sue dense nubi e con quella mi coprì;  il fiume osservava la  caligine che mi avvolgeva e, ignaro, mi cercava intorno alla vuota nube; due volte girò, inconsapevolmente, intorno al luogo dove la dea mi aveva nascosta, e due volte invocò: “Aretusa! Aretusa!” Intanto un gelido sudore ricopriva tutte le mie membra, e da tutto il mio corpo cadevano cerulee gocce… e più presto di quanto io non racconti il fatto, fui mutata in  fonte. Ma il fiume riconobbe le acque amate e, deposta la forma umana che aveva preso, si trasformò nelle usuali onde, per mescolarsi con me. Artemide aprì la terra e io, immersa in oscure caverne, giungo in Ortigia, dove rivedo la luce”.

 

Omero parlando della dea Demetra alla quale è stata rapita la figlia Proserpina:

 

“Pungolo acuto, l’angoscia le straziò il cuore;<?xml:namespace prefix = o ns = "urn:schemas-microsoft-com:office:office" />

le sue care mani lacerarono il velo sui capelli fragranti d’ambrosia,

ambo le spalle poscia coprì con vesti scure,

si precipitò sopra terre e mari come san fare gli uccelli,

sempre cercando.

Nessuno però volle darle notizie, né dio alcuno,

né veruno degli uomini mortali.

Per nove giorni Deo sovrana vagò per la terra,

con nelle mani laci accese, sofferente ricusò l’ambrosia,

disdegnò del nettare la bevanda dolce di miele,

e mai non bagnò le membra”

 

Cicerone

 

“Vi avranno spesso detto che Siracusa è la più grande delle città greche <?xml:namespace prefix = o ns = "urn:schemas-microsoft-com:office:office" />

E la più bella di tutte le città.

Quello che vi hanno detto, o giudici, è vero.

La sua fama non è usurpata: occupa una posizione molto forte,

è bellissima da qualsiasi direzione vi si arrivi, sia per terra che per mare,

e possiede due porti quasi racchiusi e abbracciati dagli edifici della città”.