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I gruppi di tombe finora noti di questo periodo sono localizzati nella parte della regione antica compresa fra il Tevere, i Colli Albani e la fascia costiera. I ritrovamenti più consistenti si distribuiscono sul lato occidentale dei Colli Albani, fra i territori di Grottaferrata, Marino e Castelgandolfo, oltre ad alcune tombe da Velletri e Colonna. Nuclei di insediamento e di necropoli sono presenti nell’area centrale di Roma, mentre altri piccoli gruppi di sepolture sono noti a Guidonia-Le Caprine e nella zona costiera ad Anzio e Pratica di Mare. Nel Lazio meridionale si conosce per ora solo un piccolo gruppo di sepolture ad incinerazione dal territorio di Priverno (Frosinone), in località Bosco del Polverino.
Il I periodo della cultura laziale, apparentemente di breve durata, si data interamente nel momento più recente dell’Età del bronzo finale; in termini di cronologia assoluta, il suo sviluppo avviene probabilmente nel corso dell’XI e parte del X sec. a.C.
Nel momento iniziale, il Lazio presenta ancora forti affinità ideologiche e di cultura materiale con l’Etruria meridionale; molto presto però, la documentazione archeologica mostra una progressiva differenziazione fra le due regioni, e il rituale laziale assume una fisionomia nettamente definita e progressivamente più complessa.
Sulla base della documentazione finora nota, nella I fase laziale non esistono vere necropoli, ma solo gruppi molto piccoli di tombe ad incinerazione, generalmente meno di dieci, che evidentemente non rispecchiano la consistenza reale delle comunità contemporanee. Il seppellimento con questo tipo particolare di rituale era riservato probabilmente solo agli individui che rivestivano i ruoli sociali e politici più importanti, mentre la sepoltura della maggioranza dei membri della comunità, almeno fino agli inizi dell’età del ferro, non avveniva in uno spazio specifico e secondo un rituale formalmente definito.
L’incinerazione delle prime fasi laziali si configura quindi come un vero e proprio rito di passaggio dal contenuto fortemente rappresentativo e espressivo. Con la morte e la distruzione del corpo attraverso l’incinerazione, il defunto passa a una dimensione fisica diversa e viene fornito dai superstiti di tutto il necessario, in dimensioni coerenti con il nuovo stato: dalla casa (il contenitore delle ceneri), ai vasi, agli ornamenti, alle armi; a questi elementi viene aggiunta a volte anche la statuetta in atteggiamento di offerta. La forte specificità ed omogeneità del rituale che si afferma nel Lazio in questo periodo è la manifestazione di una identità condivisa dalle comunità presenti su questo territorio. Il rituale si qualifica chiaramente come il mezzo per rappresentare le principali persone sociali delle comunità dell’epoca, come mostra la presenza in quasi tutti i corredi degli indicatori relativi ai ruoli verticali più importanti. Il coltello, strumento del sacrificio, la statuetta che riproduce il defunto in atteggiamento di offerta, e i doppi scudi, che in epoca storica erano attributo dei Salii, un particolare collegio di sacerdoti–guerrieri, sono gli indicatori del ruolo religioso; mentre la spada è distintiva del ruolo di capo politico-militare.
I dati offerti dai nuovi rinvenimenti confermano e precisano questa lettura.
Si tratta di due tombe scoperte a Roma nel Foro di Cesare, e di tre piccoli nuclei identificati alle pendici nord-occidentali dei Colli Albani, cioè nell’area corrispondente alla periferia sud-orientale di Roma: due tombe in località Quadrato di Torre Spaccata al km 11 della via Tuscolana, una nei pressi della stazione di S. Palomba al km 20 della via Ardeatina e tre in località Selcetta di Trigoria nei pressi della via Laurentina. In tutto otto sepolture ad incinerazione in pozzetto con corredo miniaturizzato che si collocano cronologicamente all’interno del I periodo laziale.
In tutti questi corredi sono presenti gli indicatori relativi ai ruoli verticali di tipo religioso, cioè coltello e/o doppi scudi; mentre il ruolo politico-militare indicato dalla spada, è presente nelle tombe Quadrato 1, S. Palomba e Trigoria 3.
Questi dati confermano che la sepoltura formale, caratterizzata dal rituale della cremazione del cadavere e della miniaturizzazione del corredo, è riservata nel Lazio nel I periodo solo ai membri più rappresentativi per ogni comunità.
Inoltre, per quanto riguarda le tombe maschili, in alcuni corredi particolarmente importanti, come quelli delle tombe 21 di Pratica di Mare (finora l’unico conosciuto di questo tipo), 1 di Quadrato, S. Palomba e Trigoria 3, compaiono i segni distintivi di entrambi i ruoli. Evidentemente in questa fase le due funzioni potevano essere attribuite allo stesso individuo.
Questo insieme di caratteristiche del rituale laziale del I periodo permette di riconoscere nell’emergere di una religiosità condivisa il principale fattore di crescita di identità etnica e culturale della regione e nelle figure dei capi-sacerdoti, alla guida delle comunità, i protagonisti di questo processo che sottrae ora il Lazio all’influenza dell’Etruria meridionale.
Il rituale funerario ci offre anche informazioni sulle attività di culto, per le quali non abbiamo indicazioni dirette sicure prima dell’inizio dell’Età del ferro. La presenza nelle comunità laziali di sacerdoti e di alcune sacerdotesse, riflessa, come abbiamo visto, dai corredi funerari con elementi che si riferiscono a questa funzione, è infatti una chiara indicazione di come l’intera regione abbia elaborato particolari forme di culto.
Inoltre soprattutto i rinvenimenti di Quadrato di Torre Spaccata, di S. Palomba e di Trigoria, tutte località situate alla periferia sud-occidentale dei Colli Albani, aggiungono elementi importanti e significativi al problema del processo formativo della cultura laziale.
La presenza consistente nell'Età del bronzo finale di gruppi localizzati alle pendici del massiccio dei Colli Albani, testimoniata dai nuovi ritrovamenti, sembra infatti confermare il ruolo culturale preminente di questa zona, che occupa il centro della regione antica, nel processo formativo della cultura laziale.